La Cometa che perse la coda
Il mese di dicembre fa scorrere le sue brevi e fredde giornata; presto il buio chiude l'orizzonte, spesso infuocato da tramonti increrdibili per lasciare il posto, quando il tempo è sereno e gelido, a uno scintillio di stelle da Presepio.
E' ora di cominciare i preparativi e i bambini sono sempre più impazienti.
Si rinnova la trepidazione dell'attesa per la nascita di Gesù Bambino e la dolcezza inonda i pensieri e si riflette nel sorriso e nello sguardo di chi si incontra, anche degli sconosciuti, anche nella fretta di un saluto.
Natale si avvicina.
Manca ancora qualche settimana, ma bisogna cominciare a ispezionare scatoloni e sacchi, custoditi tutto l'anno in posti remoti della casa, dai quali ora riemergono personaggi e cose assortite di varia natura, tutto per dare nuovamente vita alla magia del Natale,qui,nella nostra casa.
Sassolini, paglia, carta dipinta, statuine, ognuna con la sua storia e il suo posto nella rappresentazione dello scenario più dolce del mondo e infine eccola, il segno celeste del divino evento, la Stella Cometa...ma subito qualcuno si accorge di qualcosa di strano: la Cometa non ha più la sua spendida coda di luce!
Forse nel riporla, l'anno passato, si è staccata, chissà...nessuno se n'è accorto allora.
C'è chi dice: mettiamola al suo posto in alto, sulla capanna, è bella anche così!
Ma la Stella non è d'accordo: una Cometa senza la coda non ci può stare, la prenderebbero tutti in giro e lei si sentirebbe morire di vergogna.
C'è ancora un po' di tempo prima della Santa Notte,la Cometa cercherà di ritrovare il duo luccicante strascico, dovesse girare tutto il firmamento.
Promette a tutti gli abitanti del Presepe di tornare in tempo per la nascita del Bambinello e poi deve indicare la strada ai magi, guidare i pastori svegliati nella notte dagli Angeli e parte con la speranza nel cuore.
Il primo che incontra è il Vento, con il suo grande mantello sempre svolazzante di aria freddissima
"E' tempo di tramontana, faccio rabbrividire tutti, senti la mia voce che sibila? Uuuuhhh uuuhhh"
"Hai visto per caso la mia coda,Vento? Là sulla Terra non ce n'è più traccia e io sono tanto preoccupata!"
Il Vento, in inverno non è molto garbato, a primavera se ne riparlerà di gentilezza, ma adesso:
"Sono troppo occupato ad ammucchiare nuvole e nuvoloni e poi a disperderli di nuovo e con tutto il fumo che viene dal basso, cosa vuoi che abbia visto, bella mia!"
E questo è tutto quello che la povera Cometa ha in risposta.
Continua la ricerca tentando con il Sole, che a dire il vero le mette un po' di soggezione, ma si fa coraggio e ripete la sua richiesta.
"Cara" ,il Sole le risponde in tono paterno, "di questi tempi sono un po' stanco, vedi come sono pallido, mi si vede poco nel cielo.
Riesco appena a far giungere sulla Terra un po' di tepore; i miei raggi si devono fare strada tra nubi e nebbia e talvolta sto nascosto per giorni interi e il Gelo regna sulla terra.
Eppure continuo a illuminare il giorno, anche se è così breve e la mia luce è debole:questo è l'Inverno, cara, come posso occuparmi anche della coda delle comete!Buona fortuna a te"
"Almeno il Sole è stato più gentile" pensa la cometa, salutandolo e facendosi coraggio ripensando a quel buon augurio.
"Chiederò alla Luna, lei è sempre in mezzo alle stelle" si propone, speranzosa.
La Luna , rotonda e pallida nella notte invernale di plenilunio,
lo sguardo assonnato, tra uno sbadiglio e l'altro, con una voce flautata, strascicando le vocali,dice:"Tuuutta la noootte quassù, a raccogliere i sospiiiiri degli innamorati, a suggerire ispirati veeeersi ai poeti, non vedo l'oooora di farmi un bel sooonno!Io non ti pooosso aiutare davveeero, mi dispiaaace assai, bella steeella miaaa!"
Sempre più dubitosa del buon esito della sua ricerca, con il tempo che passa inesorabile tra Cielo e Terra, la cometa guarda in giù e vede tutti gli esseri umani indaffarati nei preparativi per la grande Festa:luci dappertutto, da lassù la Terra sembra un grande Presepe.Un movimento frenetico di gente con pacchi e pacchetti; già si intrecciano gli auguri e i saluti.
Lo spirito del Natale si diffonde tra gli uomini, e risveglia sentimenti e propositi buoni,solidarietà e amicizia, desiderio di pace e serenità.
La cometa pensa con nostalgia al piccolo Presepe che la sta aspettando, al suo posto, sulla Capanna dove sta per nascere il Salvatore.Deve affrettarsi...
La Notte trascorre, gelida e serena, con il suo grande mantello trapuntato di stelle luccicanti nell'immensità oscura.
C'è un'aria incantata nel silenzio avvolgente, un'aria di attesa.
La Cometa decide di fare l'ultimo tentativo.
Con un grande batticuore, consapevole che in quel momento si sarebbe deciso il suo destino, brevemente ripete alla Notte la sua storia e rivolge anche a lei la sua domanda, quasi una preghiera.
la Notte, maestosa regina del Firmamento Stellato, l'ascolta impassibile e alla fine,con voce rassicurante e carezzevole risponde:
"Con un po' di spirito di adattamento, possiamo rimediare!
D'altronde è Natale e tutti siamo chiamati ad essere migliori, aiutarsi e volersi bene!"
Nel cuore della Cometa si riaccese la speranza, insieme ad un'infinita gratitudine per le parole della Notte, che chiama vicino a sè una miriade di stelline, le più piccole, ma tanto belle e luminose ed esse si dispongono dietro alla Cometa, proprio al posto della coda smarrita, a formare una meravigliosa scia di luce.
La cometa è più felice che mai e non finisce più di ringraziare con tutto il suo cuore la Notte per il magnifico dono e vuole dire grazie anche a tutte le Stelline, prpprio a tutte, una a una.
Ecco come, grazie a un dono generoso, la Cometa è ritornata al suo posto nel cielo del Presepio, ad annunciare al mondo, con la sua luce sfavillante, la Buona Novella.
Una statuina, una cartolina
Le ultime arrivate, scartate con estrema prudenza dal loro involto di carta velina, erano due palline di vetro, di un azzurro intenso,che riflettevano i nostri sorrisi ammirati, deformando i visi in modo buffo.
Candide onde trasversali intrerrompevano l'azzurro nella parte inferiore delle sfere, e, a sfiorarle, se ne sentiva il vellutato rilievo: posto d'onore sull'albero.
Quelle palline, un po' sfarzose rispetto alla modestia di tutto il resto, costituivano un omaggio che la famiglia di amici del babbo ci inviava, come gesto di riconoscenza per l'allestimento di un grande presepe che lui ogni anno realizzava a casa loro, profondendo in quell'operazione tradizionale tutta la sua notevole e risaputa creatività, spesso compensata dal premio destinato dalla parrocchia al più bel presepe del paese.
A casa nostra, noi bambini facevamo l'albero, insieme a lui, ed eravamo semplicemente molto felici di porgere a turno gli ornamenti, tolti con precauzione dalla loro scatola, alcuni pezzi più belli attesi e contesi, che andavano via via a prendere il loro posto tintinnante sui rami del pino, tra gli aghi odorosi.
La magia delle luci intermittenti, sistemate per prime ma accese solo alla fine, accendeva l'atmosfera che ad ogni Natale si rinnova, nell'attesa e nella festa.
Quell'anno, però, proprio alla vigilia, ci venne l'idea del presepio, magari piccolo ed essenziale, per cominciare.
Un po' di tempo disponibile rendeva possibile il progetto.
La corsa affannata di mio fratello per procurarsi almeno le statuine dei Protagonisti, in tempo utile prima che il negozio chiudesse, ebbe un risultato deludente: era rimasto solo un pastorello, con la sua pecora sulle spalle.
Per un attimo il nostro desiderio di avere anche noi il nostro presepio sembrò svanire.
Disappunto e delusione... e poi il babbo aveva già cominciato con carta e listelli di legno a sagomare grotta e monti, anche il cielo era già steso, a proteggere con la sua volta trapunta di stelle la scena della Natività.
Ma la grotta vuota ci riportava alla difficoltà del momento.
Qualche volta la soluzione prende la strada delle semplicità.
Allora si usava inviare le cartoline di auguri, un rito gentile che accompagnava le festività maggiori, prima che altri mezzi lo sostituissero.
Erano immagini affascinanti per noi bambini, spesso ornate da particolari dorati che le rendevano preziose.
Babbi Natali con generosi sacchi di doni, slitte con renne impazienti, abeti addobbati, agrifogli, candeline e paesaggi innevati: tutta la suggestione del Natale passava attraverso quelle figure, che ci portavano parole affettuose e frasi augurali, spesso un po' stereotipate, ma non importa, di parenti e amici più o meno lontani.
Tra tutte le cartoline, quelle inviate dalle care anziane zie della mamma si indovinavano senza bisogno di leggere dietro, perché era loro abitudine, derivata da una profonda religiosità e devozione, fare gli auguri con immagini della Natività,che recavano il richiamo più diretto al Natale ed al messaggio di amore e di pace che da sempre parla al cuore di tutti.
Il babbo prese la cartolina arrivata pochi giorni prima e ritagliò il contorno delle figure, che in quel modo presero un particolare rilievo, avendo cura di ripiegare la parte inferiore per dare stabilità all'immagine e poca paglia accostata al cartoncino servì sia a nascondere il piccolo trucco che a rendere più realistica la stalla.
Finalmente la grotta di carta ospitava la Sacra Famiglia e le umili bestie che riscaldavano il Bambino appena nato.
Qualche casetta di cartone, colorata da noi con le matite, completava il paesaggio, insieme alle chiazze verde intenso del muschio umido, grattato dai muri e dalle cortecce esposte a nord, e sassi di diverse dimensioni. Sulla stradina di segatura l'unico pastorello, da solo ,si era messo in cammino, con la sua pecora sulle spalle, forse un po' smarrito e stupito per quella inconsueta solitudine.
Quello fu l'unico presepe fatto per noi dal nostro babbo.
Molti anni e molti avvenimenti dopo, il pastorello trovò compagnia in altri presepi di casa nostra, che negli anni hanno accolto la nascita di Gesù Bambino.
Canto nella notte
Una via di mezzo tra un clown e Papà Natale. Ecco come mi appariva la faccia del babbo, insaponata per la rasatura, la nuvola di schiuma, le labbra libere che, per contrasto, mi apparivano molto più rosate del solito.
Labbra che, nonostante l'operazione in corso, continuavano ad essere in movimento.
Infatti anche il tempo di farsi la barba doveva essere messo a frutto e lui ne approfittava per ripetere i passaggi più impegnativi della Missa Pontificalis, che la Schola Cantorum della parrocchia stava ripassando, per accompagnare la Messa solenne di Natale, ormai imminente, e per quell'occasione il coro doveva dare il meglio, ovviamente.
La solennità delle parole in latino scendeva sulla mia testa riccioluta come qualcosa di misterioso e incomprensibile, ma il fatto che il babbo avesse con quei versi tanta confidenza da cantarli durante la toilette quotidiana creava una certa familiarità e anche tanta curiosità.
"Mi ci porti alle prove?".
Le 9 di sera,occorreva essere pronti con la cena, perché l'impegno delle prove era irrinunciabile ed io tentavo di convincerlo, nonostante lui mi disuadesse: "Ti annoi, è in latino..."
"Ti ho sentito, hai detto "...santa, cattolica, apostolica!"
Insistevo, ripetendo le poche parole del Credo che avevo captato e memorizzato.
Così una fredda sera prenatalizia la spuntai e, col cappottino color cammello abbottonato fino in cima e la sciarpa che lasciava fuori solo il nasetto, mi avviai alla chiesa per mano a babbo.
La chiesa, fredda e deserta, avvolta nella penombra, incuteva un certo timore, se non fosse stato per la sua presenza rassicurante e raggiungemmo il parroco e gli altri coristi dierto l'altare, dove era posizionato l'organo.
Era il Pievano stesso a suonare ed a istriure il coro.
Tutti mi salutarono con affetto e familiarità: "Nini, ci sei anche te, con questo freddo..."
alla profondità dei toni baritonali si contrapponevano i toni alti dei tenori e le voci femminili dei soprano, in un insieme di armonia celestiale.
Io ascoltavo rapita, dalla scaletta dietro l'altare sulla quale avevo preso posto, piuttosto in alto, e di lassù seguivo la complessa melodia, le vocali modulate per cui ogni parola acquistava una solennità totale.
La struttura del Kirye, con le formule ripetute per tre volte, senza voler mancare di rispetto né alla religione né alla musica, non è certo la composizione più adatta a trattenere a lungo l'attenzione di una bambina.
Quando poi il Pievano, rilevando alcune imperfezioni, fece un cenno e pronunciò le parole "Da capo", non nego di aver avuto il sospetto che ce l'avesse con me.
Provai a distrarmi in qualche modo, dopo tutto ero in una posizione elevata, a pochi passi dalla culla vuota che presto avrebbe accolto la bella statua di Gesù Bambino, circondata da una corona di luci.
L'ora tarda, il freddo, la mia lotta per non lasciarmi vincere dal sonno era davvero sempre più debole. L'idea della culla, poi richiamava il pensiero del mio lettino. Sentivo la musica come una ninna nanna lontana lontana e le mie palpebre si facevano sempre più pesanti.
Il babbo se ne accorse e, prima che cadessi giù dalla scaletta, mi prese in braccio e mi adagiò su una panca vicino a lui.
Il canto continuò a cullarmi e non ricordo come tornai a casa.
Profumo di resina
La "Lacrima Christi" evoca piuttosto la settimana santa, ma per la nostra famiglia era una nota ricorrente del nostro modestissimo e sereno Natale pre-consumistico, poiché con un troneggiante pandoro ( quello nella scatola blu, con i leoni rampanti dorati, tanto per non fare nomi ) ed un'altrettanto rituale bottiglia di spumante dolce, costituiva il garbato omaggio natalizio del più importante fornitore del nostro piccolo negozio, al quale, grazie all'avveduta e prudente amministrazione materna, dovevamo, se non la vagheggiata prosperità, la nostra consapevole e decorosa sopravvivenza.
Ma la porta si apriva sul gelo dell'inverno, umido e ventoso, del nostro paese al limite della palude, mitigato appena dal caminetto fumoso e amatissimo delle nostre Befane, ieratiche e incantate, non solo per lasciar entrare quel gustoso dono, ma soprattutto per far posto all'alberello di pino, strappato da mio padre ( quanta forza, lui sempre così mite!) ai fianchi della collina ancora in buona salute ecologica e, senza nessun rimorso ambientale, trapiantato nella nostra casa, ad occupare quasi tutta una stanza ( eppure fuori sembrava così piccolo...), con un profumo di resina che qualche volta, in sogno, sono certa di sentire ancora.
le quattro stagioni di Beniamino: Ssoria d'Autunno
Mi sono accorta di aver scelto per questa raccolta di piccole storie stagionali un titolo molto vivaldiano.
In verità qui la musica non c'entra, ma l'armonia spero di sì.
L'armonia della Natura intorno a noi, che in ogni stagione si rinnova nella vita degli esseri viventi, nel ciclo del tempo che accompagna la storia di ognuno.
Beniamino, con l'ingenuità e la sorpresa propria dei bambini, scopre la natura con i suoi ritmi e le sue leggi legate al tempo e allo spazio, impara a leggerne i segni, minimi o grandiosi, ma sempre affascinanti.
I
"Non lo sai che la magia è nelle piccole cose?"
Da quando il venditore di caldarroste gli aveva detto questa frase, così misteriosa ma, in fondo, così semplice, Beniamino non faceva altro che cercarla, la magia, intorno a sé.
Non vedeva l’ora di aver finito i compiti per mettersi ad esplorare e, in cuor suo, temeva di non accorgersi della sua presenza. Quindi occhi, orecchi e mente ben svegli, ma soprattutto cuore, perché è lì che arrivano i messaggi magici, quelli in grado di cambiarci la vita.
In verità qui la musica non c'entra, ma l'armonia spero di sì.
L'armonia della Natura intorno a noi, che in ogni stagione si rinnova nella vita degli esseri viventi, nel ciclo del tempo che accompagna la storia di ognuno.
Beniamino, con l'ingenuità e la sorpresa propria dei bambini, scopre la natura con i suoi ritmi e le sue leggi legate al tempo e allo spazio, impara a leggerne i segni, minimi o grandiosi, ma sempre affascinanti.
STORIA D’AUTUNNO
I
"Non lo sai che la magia è nelle piccole cose?"
Da quando il venditore di caldarroste gli aveva detto questa frase, così misteriosa ma, in fondo, così semplice, Beniamino non faceva altro che cercarla, la magia, intorno a sé.
Non vedeva l’ora di aver finito i compiti per mettersi ad esplorare e, in cuor suo, temeva di non accorgersi della sua presenza. Quindi occhi, orecchi e mente ben svegli, ma soprattutto cuore, perché è lì che arrivano i messaggi magici, quelli in grado di cambiarci la vita.
L'aquilone di giornale
Carta, spago, un po' di colla,
qualche stecca per sostegno,
ma leggera, canna o legno,
altrimenti non decolla!
In picchiata verso il suolo,
poi di nuovo con un salto
si riprende e torna in volo
tra le nuvole, più in alto.
Puoi formare le sue ali
anche con vecchi giornali:
le parole scriveranno
un messaggio per la gente
che da tempo sta aspettando
e sperando inutilmente.
Tutti quanti a naso in sù
per veder cosa succede
l'aquilone sta lassù,
pronto a dare a chi lo chiede
giusto un filo di speranza,
qualche stecca per sostegno,
ma leggera, canna o legno,
altrimenti non decolla!
In picchiata verso il suolo,
poi di nuovo con un salto
si riprende e torna in volo
tra le nuvole, più in alto.
Puoi formare le sue ali
anche con vecchi giornali:
le parole scriveranno
un messaggio per la gente
che da tempo sta aspettando
e sperando inutilmente.
Tutti quanti a naso in sù
per veder cosa succede
l'aquilone sta lassù,
pronto a dare a chi lo chiede
giusto un filo di speranza,
o gli dona un sogno vago,
che volteggia e poi va in alto,
pur legato con lo spago.
che volteggia e poi va in alto,
pur legato con lo spago.
Non potevo chiamare questa filastrocca semplicemente "L'aquilone", troppo forte l'evocazione della poesia del Pascoli, che dai primissimi anni del '900 ( Primi poemetti ) parla alla mente e al cuore, dal celeberrimo incipit
"C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico..."
passato nel linguaggio comune per l'immediatezza di quell'ossimoro così vivo, e poi l'onda dei ricordi, fino all'epilogo tragico e tenero.Allora ecco il giornale, portatore di messaggi e notizie, per un aquilone che somiglia all'animo umano: si fa immagine di sogni e desideri, libera la fantasia e l'immaginazione, ma resta legato alla vita quotidiana, ai problemi di ogni giorno, ma anche alle speranze, alle aspettative ...e si ritorna verso il sogno, il desiderio...
Forse sta proprio in questo cerchio di emozioni il fascino dell'aquilone.
La girandola
Fino a poco tempo fa le mie filastrocche avevano un blog tutto per loro "Filafilastrocca"
Sì, perché nel fortunato mondo delle filastrocche tutto può accadere, anche che le girandole spuntino nei prati.
Ora che le filastrocche hanno trovato una nuova casa, in condominio con le altre cose che scrivo,
ho pensato di dedicare alle girandole una filastrocca tutta per loro.
La girandola è un giocattolo semplice e senza pretese, eppure, nell'era dell'automazione, batterie e telecomandi, led, luci e suoni, vo-ci me-ta-lli-che ed altre applicazioni tecnologiche, ha ancora il suo pubblico, perchè i bambini hanno bisogno della semplicità che può venire solo dalla Natura.
La girandola graziosa
gira gira senza posa
roteando a tutte l'ore
sembra quasi un grande fiore.
Se ne sta sopra il suo stelo,
e sta lì, tra prato e cielo:
un po' elica e un po' stella,
tutta colorata e bella.
Basta il soffio di un bambino
che la sfiori da vicino,
basta un alito di vento
e si mette in movimento.
Quasi sembra scomparire
tanto va velocemente
poi rallenta e, finalmente,
la vediamo riapparire.
Che magia è questa qua:
basta un soffio o un po' di vento,
la girandola lo sa
e anche il bimbo è ben contento!
gira gira senza posa
roteando a tutte l'ore
sembra quasi un grande fiore.
Se ne sta sopra il suo stelo,
e sta lì, tra prato e cielo:
un po' elica e un po' stella,
tutta colorata e bella.
Basta il soffio di un bambino
che la sfiori da vicino,
basta un alito di vento
e si mette in movimento.
Quasi sembra scomparire
tanto va velocemente
poi rallenta e, finalmente,
la vediamo riapparire.
Che magia è questa qua:
basta un soffio o un po' di vento,
la girandola lo sa
e anche il bimbo è ben contento!
Davanti all'immagine
Oro regale di ornata corona
Risplende sulla Tua serena fronte;
Mistica luce al tuo bel volto dona
Come il sole che sorge all’orizzonte.
Ma gli occhi tuoi ed il tuo bel sorriso
Splendono più dell’oro e più del sole:
carezza il nostro sguardo il tuo bel viso,
e a noi Tu parli senza dir parole.
Il Bambino si posa con dolcezza
Sopra al seno materno, e la tua mano
Lo sorregge con tanta tenerezza
.
Anche noi, cara Madre, ci sentiamo
Vicini al cuore tuo, poiché tu ascolti
Tutti i pensieri che ti confidiamo.


In Castello
Premio
di Poesia "S.Maria in Castello"
Ieri pomeriggio, nella Chiesa Pievania del mio paese, ho ricevuto per la seconda volta il premio di
poesia "S.Maria in Castello" per il sonetto dal titolo quasi
omonimo "In Castello".
Ero molto indecisa se fare o non fare questo post.
Se per modestia può apparire una forma autocelebrativa, poco consona alla mia abituale modestia, la gratificazione che deriva dal ricevere un premio per una cosa, qualunque essa sia, che è frutto del proprio impegno, mi induce a farne parte a coloro che frequentano questo spazio virtuale.
E' anche un modo per ringraziare per questo riconoscimento il Parroco di S.Alessandro in Vecchiano don Renato Melani, il Prof. Salvatore Tibaldi, ideatore e presidente del Premio di Poesia, Narrativa, Saggistica ed Arti Visive "Santa Maria in Castello", il Comitato per i festeggiuamenti triennali della Madonna di Castello e tutti coloro che con benevolenza hanno ancora una volta accolto i miei versi, espressione della tradizione e della devozione del nostro paese, come risulta in modo più appropriato nella sezione di questo blog dedicata ai sonetti mariani.
Ero molto indecisa se fare o non fare questo post.
Se per modestia può apparire una forma autocelebrativa, poco consona alla mia abituale modestia, la gratificazione che deriva dal ricevere un premio per una cosa, qualunque essa sia, che è frutto del proprio impegno, mi induce a farne parte a coloro che frequentano questo spazio virtuale.
E' anche un modo per ringraziare per questo riconoscimento il Parroco di S.Alessandro in Vecchiano don Renato Melani, il Prof. Salvatore Tibaldi, ideatore e presidente del Premio di Poesia, Narrativa, Saggistica ed Arti Visive "Santa Maria in Castello", il Comitato per i festeggiuamenti triennali della Madonna di Castello e tutti coloro che con benevolenza hanno ancora una volta accolto i miei versi, espressione della tradizione e della devozione del nostro paese, come risulta in modo più appropriato nella sezione di questo blog dedicata ai sonetti mariani.
Rosa Mistica, che da sempre al cuore
Sai dare gioia e consolare il pianto,
Ogni voce si unisce e un dolce canto
Si leva a Te, Madre del Redentore.
E’ più vicino al cielo il tuo Castello,
Dal quale contempliamo il tuo mistero:
Per Te non c’è parola né pensiero
Che sia per la tua gloria troppo bello.
Ascolta, o Vergine degna di lode,
Degli Angeli Regina in Paradiso,
Il nostro canto che lassù si ode.
E infine, quando discendiamo il colle,
Serbiamo nello sguardo il tuo bel viso,
Come questo paese sempre volle.

Sai dare gioia e consolare il pianto,
Ogni voce si unisce e un dolce canto
Si leva a Te, Madre del Redentore.
E’ più vicino al cielo il tuo Castello,
Dal quale contempliamo il tuo mistero:
Per Te non c’è parola né pensiero
Che sia per la tua gloria troppo bello.
Ascolta, o Vergine degna di lode,
Degli Angeli Regina in Paradiso,
Il nostro canto che lassù si ode.
E infine, quando discendiamo il colle,
Serbiamo nello sguardo il tuo bel viso,
Come questo paese sempre volle.

Filastrocca della carta
Giornali e riviste
Già lette e già viste
Parole, parole, bugie o verità?
Immagini e tanta pubblicità.
Sulla carta corrono le dita
Con la penna o la matita:
quaderni finiti a righe e a quadretti,
quanto lavoro di scolaretti!
Scatolone e scatoline,
buste e sacchetti senza fine.
Libri e cataloghi e depliants
Ce n’è sempre in quantità.
Una montagna di carta usata
Che può essere riciclata.*
Ancora utile così sarà
E la Natura ci ringrazierà!
*Progetto di educazione ambientale per la raccolta differenziata della carta
Colori nell’orto
Trovi, nell’orto, ogni colore,
sembra che sia passato un pittore
con tavolozza, tinte e pennello
e così ha fatto l’orto più bello.
E bella verde l’insalatina,
come la bietola e la zucchina;
anche il sedano ed i piselli,
verdi come verza e baccelli.
Rosso è il colore del ravanello,
il peperone è rosso anche quello
e, quando è maturo, il pomodoro
diventa rosso, anche lui, come loro.
Bianco è il finocchio e il cavolfiore,
la melanzana è viola di colore;
ha la cipolla un colore rosato
ed il carciofo ha il vestito sfumato.
C’è la carota tutta arancione
E la patata tutta marrone.
Ecco laggiù una zucca gialla
Grossa e rotonda come una palla.
Sono gli ortaggi di tanti colori,
tutti diversi i profumi e i sapori.
Per la salute sono preziosi
E sono, in tavola, cibi gustosi.
Grazie a chi semina e a chi li cura
E, soprattutto, a Madre Natura.
1 commento:

Debora
stasera
sto facendo incetta di filastrocche e canzoni tue..e siccome quest'anno
facciamo una programmazione sull'orto..questa e i vispi piselli mi
saranno molto utili grazie!!!
I Vispi Piselli
de”Il ragazzo della via Gluck" di A. Celentano
Questa è la storia dei Vispi Piselli
Tutti e tre tondi, simpatici e belli.
E se ne stavano dentro un baccello
Il primo, il secondo e il terzo fratello.
Ed il baccello, sai , indovina,
era la loro verde casina
e come tutti i pisellini,
erano tondi verdi e carini.
Nel minestrone sono finiti
Con tanti ortaggi buoni squisiti.
Con le carote, zucchine e la bietola
Bollono insieme dentro la pentola.
Con le patate, il sedano e il cavolo
Il minestrone è pronto sul tavolo
In un bel piatto appena servito
A tutti quanti “ Buon appetito!”
- SimonettaEUREKA!!!!! finalmente le hai postate !!!! :-)
filastrocca dei Cappelli

buffi, eleganti, ridicoli o belli;
parano il sole o paran la pioggia,
Sotto il sombrero c’è il messicano
Con il suo poncho e la chitarra in mano.
E nella steppa ecco il cosacco
che sfida il freddo col suo colbacco.
che sfida il freddo col suo colbacco.
Il mago estrae un coniglio vero.
L’elegantone con la paglietta;
il grande Chaplin con la bombetta.
Cappello a punta per Mago Merlino,
busta di carta per l’imbianchino
E nel saluto militare
la mano il cappello va a toccare.
E nel saluto militare
la mano il cappello va a toccare.
E se vai in moto non lo scordare:
nell’incidente ti può salvare.
In ogni modo sotto i cappelli
Sbucano teste pelate o capelli:
dentro le teste, tanti pensieri,
sogni, problemi e desideri.
Ognuno pensi con la sua testa,
perché in fondo la vita è questa.
Filastrocca per favore
La cortesia fa bene al cuore.
Se è gentile una donzella
Pur bruttina par più bella!
Basta un cenno da lontano,
un saluto con la mano;
qualche volta far buon viso,
ringraziar con un sorriso:
un sorriso solamente,
vale molto e non costa niente.
Filastrocca del vetro
bianco o rosso come un rubino.
Io di olio ero piena
per condire a pranzo e a cena.
Avevo undici fratelli,
tutti uguali, tutti gemelli:
sono tutti rotti, ahimè,
ora mi buttano via anche me!
Nella bottiglia più piccina
c'era dentro la medicina.
Nella fiala, che paura,
c'era dentro la puntura!
Tutti insieme ci siamo trovati
per essere tutti riciclati
insieme a ciò che è da buttare,
ma qui con noi ci deve stare *
*Progetto di educazione ambientale per la raccolta differenziata del multimateriale
Pile vecchie e velenose, non buttar tra le altre cose

il CD faccio suonare;

si cambia canale da lontano.
Posso il buio illuminare
così vedi dove andare;
l'auto telecomandata
fa una corsa e una frenata.
Tanti giochi, tanti oggetti,
per funzionare bene e perfetti
hanno dentro, rimpiattate,
le batterie ben caricate.
Ma quando le pile sono finite
devono essere sostituite;
quelle vecchie, attenzione,
non si buttano nel secchione!
C'è il contenitore che aspetta*
che tu vada e ce le metta
e se tutti ce le metteranno
all'ambiente non si fa danno.
*Progetto di educazione ambientale per la raccolta differenziata dei rifiuti nocivi
- Chi va con lo zoppo, mi sembri prossima al debutto tra "Tutti noi stamburanti di rima", come dice i grande Tognolini. Aspettiamo tue performance.Zia Ada diceva che ci vuole 10 a cominciare e 1000 a smettere.
Giocando con il ritmo e le parole



Partendo dal primo verso della canzone
" Il tamburo"di
Jovanotti e rubandone qua e là altre parole, i bambini ne hanno fatto
una loro versione, un rap da scandire, ovviamente, con la percussione
del nostro amato, e conteso,
tamburo imperiale.
"Picchia duro sul tamburo
te lo giuro.
salta su come un canguro
e la palla contro il muro;
ho paura quando è scuro
se sto male io mi curo.
Son contento ti assicuro
quando il frutto è ben maturo,
sputo il nocciolo, che è duro.
Con il metro mi misuro:
son cresciuto di sicuro!
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